Marrone di Castel del Rio
Nel Bolognese la coltivazione tipica del Marrone di Castel del Rio Igp ha una tradizione di oltre 500 anni. Il castagno non è una pianta autoctona della zona, ma è stata portata qui dall’uomo principalmente per ottenere legname pregiato e un alimento ricco di amidi. La diffusione in Europa cominciò nell’antichità e continuò nel Medioevo per opera degli ordini monastici, quando castagne e marroni rappresentavano preziose merci di scambio grazie alla possibilità di una lunga conservazione: venivano immersi in acqua per 8 giorni, in modo da provocare una leggera fermentazione, poi fatti asciugare in luogo aerato, raccolti in rete e conservati dall’autunno alla primavera successiva. Si pensi che erano apprezzati fino a Parigi e al Cairo. La leggenda vuole che la diffusione sulle montagne bolognesi sia stata opera di Matilde di Canossa. Fino a qualche decennio fa ogni famiglia di Castel del Rio e degli altri Comuni dell’Alta Valle del Santerno possedeva un piccolo castagneto da cui traeva una importante risorsa alimentare: non a caso nella tradizione popolare il marrone era chiamato “l’albero del pane”, ossia una ricchezza per l’economia locale, tanto che nel 1694 fu pubblicato un editto che imponeva l’impianto di nuovi esemplari per ogni albero abbattuto. Oggi a Castel del Rio una sagra paesana, che si svolge tutti i fine settimana del mese di ottobre, celebra il prodotto tipico, al quale è dedicato anche un museo.
Delizioso frutto dei grandi castagni dei boschi di questa zona è il prelibato marrone, prodotto naturali di queste splendide colline, ben diverso dalle più comuni castagne: dal gusto più dolce e profumato che racchiude ed esalta gli aromi e i sapori del bosco, alla pezzatura molto maggiore (un riccio racchiude al massimo 2 o 3 frutti, con 90 frutti/kg), fino alla protezione della buccia bruna e della sottile pellicina che possono essere asportate con estrema facilità, operazione quasi impossibile con le castagne.
La polpa bianca, consistente e croccante e il sapore dolce sono le qualità che nel 1996 hanno portato il Marrone di Castel del Rio a conquistare il marchio Igp. L’indicazione geografica protetta è ottenuta da castagneti costituiti dalla specie “Castanea sativa Mill.”, rappresentata da tre biotipi, la cui denominazione ufficiale, ai fini della identificazione varietale è la seguente: “Marrone domestico“, “Marrone nostrano” e “Marrone di S. Michele“, con il divieto di ogni forma di forzatura, somministrazione di fertilizzanti di sintesi e ricorso a fitofarmaci nella fase produttiva.
Il Marrone di Castel del Rio è ricco di sostanze nutritive, come zuccheri complessi e sali minerali (fosforo, magnesio e soprattutto potassio), che lo rendono un alimento energetico ideale per gli sportivi, in grdo di aumentare la resistenza alla fatica in modo naturale. Per queste ragioni è un frutto che si presta ad essere consumato anche come merenda, sul lavoro e per lo studio.
Oggi conservare i marroni è molto più semplice di un tempo e possiamo assaporarne il gusto tutto l’anno (è sufficiente metterli in freezer in appositi sacchetti per evere una scorta di bontà a portata di mano), come squisito protagonista di numerosi piatti tipici: molto apprezzati sono i brusè, che hanno una cottura simile rispetto a quella prevista per le caldarroste (spesso quindi scambiati con esse): i marroni vengono incisi, cotti in una padella forata (brusadûr) e serviti caldissimi. Si possono anche arrostire al forno o lessare in abbondante acqua salata con foglie di lauro. Con i marroni si possono preparare anche primi e secondi piatti, oltre a numerosi dolci, come ad esempio i tagliolini o i ravioli ai marroni, il fagiano o il tacchino ai marroni e, tra i dolci, il famoso castagnaccio.
RICETTE
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